La trappola, per la persona che comincia a farne uso è la convinzione che “io non finirò come gli altri” oppure “se questa è l’eroina, io smetto quando voglio”.
Molti ragazzi credono che fumare l’eroina e non bucarsi sia meno rischioso e non porti alla dipendenza….ma è falso.
Lo ‘spettro’ degli anni ’80, ormai svincolato dall’immagine dell’uso per endovena e per questo meno impressionante, e’ di nuovo attuale.
Ed entro il 2015 l’Italia assisterà a una crescita, seppur moderata, del numero di consumatori di eroina, soprattutto nella fascia più giovane della popolazione.
La sostanza è già rientrata nel mercato, provenendo dall’Afghanistan e da Myanmar, nelle sue due varieta’, ‘bianca’ e ‘brown’, la prima piu’ pura e di solito sniffata o fumata, la seconda anche iniettata in vena.
“Nei centri di servizio per la lotta alle droghe vediamo oramai sempre più casi di giovanissimi che dicono di aver fatto uso di eroina, spesso anche ‘solo’ fumata”, il primo approccio a questa sostanza è intorno ai 14 anni; vi è una prevalenza dell’uso di questa sostanza nel sud Italia, prosegue Riccardo Gatti, psichiatra e direttore del Dipartimento dipendenze della Asl di Milano. Continua…

“Fai quello che vuoi”: alzi la mano chi almeno una volta nella vita non si è sentito rivolgere o ha usato a sua volta quest’espressione!
L’italiano è una lingua estremamente contorta e complicata.
Ed allora ecco che una frase, che in apparenza sembra indicare distacco e massima libertà data all’interlocutore, in realtà esprime proprio il contrario.
È un po’ come dire all’altro: “ok se vuoi fare questa cosa falla pure, ma sappi che io ne soffrirò molto e che questo avrà delle conseguenze sul nostro rapporto”.

Newton diceva che “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”.Anche ferire una persona, soprattutto se consapevolmente ( o non evitare di farlo, che poi è la stessa cosa) è un’azione che lascia sempre e comunque un segno, più o meno visibile.
Non bisogna giustificarsi dicendo “me l’hai detto tu di fare quello che voglio”, perché lo si sa benissimo che la situazione chiede il contrario, quindi perché non parlarne e chiarirsi così, poi magari, puoi liberamente scegliere quello che vuoi senza problemi?

Che lo vogliamo o no, la vita di ognuno di noi è fatta di relazioni con gli altri.
Alcune più strette, intense e coinvolgenti, come quelle che intratteniamo con persone per noi affettivamente significative; altre più distaccate e superficiali. Continua…

Dati recenti mostrano come il 43% delle coppie divorzi entro i primi 15 anni di matrimonio e come la probabilità aumenti in caso di seconde nozze: circa le metà dei colloqui presso gli studi di psicoterapia sono richiesti per problemi di coppia o familiari. Attualmente, la terapia cognitivo comportamentale che tipo di approccio offre? E con quali risultati?

Le applicazioni della terapia cognitivo-comportamentale ai problemi relazionali di coppia sono state introdotte quasi 50 anni fa nei primi scritti di Albert Ellis concernenti l’importanza che i pensieri ricoprono nei problemi coniugali: si verifica una disfunzione relazionale quando le persone hanno credenze irrazionali riguardo al proprio partner e alla propria relazione e esprimono valutazioni negative su di essi. I metodi consolidati di assessment e di intervento cognitivo derivati dalla terapia individuale sono stati adattati dai terapeuti cognitivo-comportamentali per essere utilizzati nella terapia di coppia: incrementare le competenze dei partner nell’identificare e modificare i propri pensieri disfunzionali e le capacità di comunicazione e di risoluzione costruttiva dei problemi ((Baucom e Epstein, 1990).
Gli obiettivi della terapia cognitivo-comportamenale di coppia possono essere sintetizzati in alcuni punti:
 aiutare i singoli partner ad accettare l’altro e le caratteristiche uniche della loro relazione (ciò comporta un lavoro di apprendimento e sviluppo a livello individuale);
 aumentare la consapevolezza delle dinamiche di interazioni ricorrenti nella coppia e dei loro effetti per la soddisfazione reciproca;
 aumentare la disposizione e la capacità a valorizzarsi, sostenersi e gratificarsi vicendevolmente;
 migliorare le capacità comunicative e la gestione dei conflitti. Continua…

La psicoterapia cognitivo-comportamentale è sostenuta da prove di efficacia e validità secondo la “Evidence Based Medicine”.
La letteratura scientifica internazionale e gli studi scientifici controllati hanno affermato che l’approccio cognitivo-comportamentale risulta essere il più indicato per i disturbi d’ansia, con particolare riferimento al disturbo d’attacco di panico, fobico, ossessivo compulsivo, disturbi dell’umore, alimentari, psicosomatici, sessuali, disturbi dell’età evolutiva e disturbi di personalità, problemi di coppia, anche più dei trattamenti di tipo farmacologico.
La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale è considerata nel mondo uno dei modelli più efficaci per il trattamento dei disturbi psicopatologici e presenta alcune caratteristiche fondamentali:
-è validata scientificamente: l’efficacia del metodo cognitivo-comportamentale è stata provata attraverso studi controllati per alcune patologie, quali i disturbi ansiosi, depressivi e alimentari;
-è di efficacia superiore o almeno uguale agli psicofarmaci nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, ma assai più utile nel prevenire le ricadute;
-è collaborativa: il terapeuta cognitivo-comportamentale lavora insieme al paziente per stabilire gli obiettivi della terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente stesso un piano di trattamento che si adatti alle sue esigenze;
-è di durata inferiore a quella della maggior parte di psicoterapie di altri orientamenti. Continua…

Ogni emozione è attualmente considerata un processo di reazione dell’organismo ad eventi significativi. E’ un costrutto psicologico complesso che include diverse componenti: attivazione fisiologica;
valutazione dell’evento emotivo;
espressione motoria;
tendenza all’azione;
sensazione soggettiva.
La rabbia è un’emozione intensa che si attiva grazie a diversi stimoli interni ed esterni alla persona , e all’interpretazione che vi si attribuisce.
Le ricerche, tra cui Averill (1982) hanno evidenziato che ci si arrabbia raramente nei confronti di oggetti e più frequentemente verso le persone, perché attribuiscono loro la consapevolezza di arrecare un danno.
Ad esempio tra i sentimenti, i pensieri ed eventi che più attivano la rabbia (da Izard, 1977) ricordiamo: l’essere trattati male o costretti a fare qualcosa contro la propria volontà, l’essere abbandonati, traditi, criticati, oppure vedere andare a male i propri progetti.
La rabbia inoltre, risulta essere più intensa quando a scatenarla sono persone cui vogliamo bene perché temiamo che ci abbandonino, Continua…

Tutti noi preferiamo risolvere le nostre difficoltà senza dover ricorrere all’aiuto degli altri.
Chiedere aiuto, infatti, non è sempre facile: può farci sentire a disagio, fragili, in una condizione di bisogno e vulnerabilità.
Alcune persone sopportano in silenzio anche per anni, piuttosto che cercare un supporto, qualcuno che possa dare loro una mano.
Prima di rivolgersi ad uno psicologo o ad uno psicoterapeuta si tentano mille altre strade.
Questo scelta, dettata da motivazioni personali e dalla cattiva informazione sull’intervento psicologico, spesso rallenta il possibile miglioramento.
Chiedere aiuto allo psicologo o allo psicoterapeuta invece è segno d’intelligenza: vuol dire attivare una risorsa preziosa per cominciare a sentirsi meglio.

Vi presento una lista di brevi affermazioni. Continua…

Ogni tre giorni in Italia un uomo uccide una donna. Di solito, una donna a lui vicina.
Ma i violenti sono molti di più. Più di quanti crediamo. Perché le violenze di genere sono una realtà molto diffusa, ma non abbastanza conosciuta.
Picchiare la moglie, minacciare l’ex compagna, perseguitare la fidanzata… sono gravi reati, ma per molti uomini sono ancora fatti privati. Troppi uomini tacciono. E, tacendo, acconsentono.
Nel 2012 ha preso piede una nuova campagna contro la violenza sulle donne che vede protagonisti gli uomini. Continua…

Quando una persona sperimenta un disagio, difficilmente si rivolge ad uno psicologo poichè vi sono ancora dei vincoli culturali riguardo alla salute mentale.
A tal proposito intendo chiarire alcuni dubbi e/o domande che spesso mi vengono rivolte da diverse persone.
Ad esempio la consulenza e il sostegno psicologico sono rivolti a tutte le persone che in un momento particolare della loro vita si trovano ad affrontare situazioni di stress tali da portare ad una rottura dell’equilibrio psicofisico. Continua…