Io non finirò come gli altri, non sono un tossico: l’illusione nell’abuso di eroina
La trappola, per la persona che comincia a farne uso è la convinzione che “io non finirò come gli altri” oppure “se questa è l’eroina, io smetto quando voglio”.
Molti ragazzi credono che fumare l’eroina e non bucarsi sia meno rischioso e non porti alla dipendenza….ma è falso.
Lo ‘spettro’ degli anni ’80, ormai svincolato dall’immagine dell’uso per endovena e per questo meno impressionante, e’ di nuovo attuale.
Ed entro il 2015 l’Italia assisterà a una crescita, seppur moderata, del numero di consumatori di eroina, soprattutto nella fascia più giovane della popolazione.
La sostanza è già rientrata nel mercato, provenendo dall’Afghanistan e da Myanmar, nelle sue due varieta’, ‘bianca’ e ‘brown’, la prima piu’ pura e di solito sniffata o fumata, la seconda anche iniettata in vena.
“Nei centri di servizio per la lotta alle droghe vediamo oramai sempre più casi di giovanissimi che dicono di aver fatto uso di eroina, spesso anche ‘solo’ fumata”, il primo approccio a questa sostanza è intorno ai 14 anni; vi è una prevalenza dell’uso di questa sostanza nel sud Italia, prosegue Riccardo Gatti, psichiatra e direttore del Dipartimento dipendenze della Asl di Milano.
L’eroina – o Diacetilmorfina – è una sostanza semisintetica ricavata dalla morfina e deriva dunque dall’oppio, sostanza naturale estratta dal guscio dei semi di alcune varietà di papavero.
Fu sintetizzata nel 1897 da Felix Hoffmann, un chimico tedesco che lavorava per la Bayer, e ampiamente utilizzata per curare le più diverse patologie: da quelle respiratorie a quelle neurologiche.
L’eroina può essere assunta per via endovenosa e intramuscolare, fumata o sniffata.
L’effetto che produce è il medesimo, varia solo la velocità con la quale essa raggiunge i ricettori.
Per via endovenosa produce un effetto piacevole quanto immediato chiamato “flash”.
L’eroina modifica letteralmente il cervello e lo scopo primario dell’individuo diventa quello di cercare e utilizzare tale sostanza.
La dipendenza da eroina è molto simile a quella da morfina, ma si instaura più velocemente e con quantità di sostanza più basse. La dipendenza fisica varia comunque da persona a persona e si verifica a seguito di un uso costante dai 7 ai 15 giorni.
Una volta instaurata la dipendenza, chi non assume la sostanza incorre in crisi di astinenza che durano in media da 48-72 ore fino a una settimana, e si presentano poche ore dopo l’ultima assunzione.
La persona che fa uso di questa droga, deve continuamente aumentare la dose giornalmente per poterne sentire gli effetti mentre gli effetti collaterali che questa droga crea sul corpo della persona sono devastanti e possono culminare con l’overdose e la morte.
Questo non è l’unico motivo che rende la dipendenza da eroina recidiva.
La persona che è nella trappola è ormai abituata a allontanare qualsiasi emozione indesiderata o difficoltà procurandosi un piacere intenso e artificiale.
Il suo corpo non è più in grado di produrre endorfine senza l’aiuto di sostanze esterne.
La felicità dipende dalla sostanza. La vita ora, senza droga, non ha più senso.
L’uso dell’eroina non avverrà come una volta, quando i tossicodipendenti erano spesso persone emarginate, disadattate saranno invece i giovanissimi socialmente inseriti, che avranno a disposizione una sostanza più pura che in passato, conseguenza di un mercato più maturo, alla quale si avvicineranno con superficialità, diventandone presto dipendenti.
La persona che ne abusa giornalmente, può trovarsi intossicata e dipendente fisicamente già dopo poche settimane. Questi giovanissimi proprio per l’incoscienza dell’età che hanno, assumono di tutto e purtroppo mai come in questi ultimi tempi si è abbassata in modo preoccupante l’età della prima assunzione di eroina, che avviene ancor prima della cannabis.
Uno degli effetti più nocivi dell’eroina, a lungo termine, è la dipendenza.
La dipendenza è un disagio cronico, caratterizzato da un’incontrollabile ricerca ed uso della droga, e da cambiamenti neurochimici e molecolari nel cervello. L’eroina produce anche un grosso aumento della tolleranza e della dipendenza fisica, che porta all’ uso compulsivo di droga
Poco dopo la sua assunzione, l’eroina attraversa la barriera ematoencefalica, viene convertita in morfina e lega rapidamente con i recettori di oppiacei. Il corpo umano produce già delle sostanze (le endorfine) che hanno lo stesso effetto dell’eroina, ma in dosi ben più basse: servono per contrastare il dolore.
L’EFFICACIA DELLA PSICOTERAPIA NEL TRATTAMENTO DELL’ABUSO DI SOSTANZE
I trattamenti psicologici con pazienti che abusano di sostanze hanno due differenti e distinti
scopi.
Principalmente puntano a sostenere l’individuo nel modificare il suo atteggiamento verso l’uso di sostanze; in secondo luogo affrontano i disturbi mentali coesistenti.
Gli interventi compresi nella prima categoria dovrebbero includere la terapia cognitivo comportamentale (CBT) e il colloquio motivazionale che sono entrambi approcci evidence-based, guidati da un chiaro sistema di principi o protocolli con indicazioni di specifici homework.
Psicoterapia cognitivo-comportamentale/Coping skills
Questi approcci prevedono tra gli altri anche interventi psicoeducativi strutturati, che sui focalizzano:
1) sull’identificazione dei fattori cognitivi e ambientali sottostanti ai problemi del comportamento;
2) sullo sviluppo o sul consolidamento delle competenze richieste per ottenere cambiamentidi uno specifico comportamento (per esempio l’uso di sostanze).
Le tecniche cognitive (per esempio modificare i pensieri disfunzionali come i pensieri automatici negativi) e il lavoro sui comportamenti (per esempio esposizione ai comportamenti problematici e l’apprendimento di tecniche di controllo e sperimentazione di attività piacevoli) vengono utilizzati per ottenere tali cambiamenti. Specifiche modifiche comportamentali, così come il consolidamento di nuove competenze/abilità, sono una componente fondamentale di un trattamento efficace.
Prevenzione delle ricadute:
è l’approccio cognitivo-comportamentale principalmente usato nel Regno Unito.
I programmi individuali o di gruppo di prevenzione delle ricadute dovrebbero
includere (Wanigaratne, 2003) almeno i seguenti punti:
identificazione delle situazioni ad alto rischio e dei meccanismi che scatenano il craving;
sviluppo di strategie per limitare l’esposizione a situazioni ad alto rischio;
sviluppo di capacità di gestione del craving e di altre sensazioni sgradevoli senza ricorrere all’uso di sostanze;
capacità di riconoscere, contrastare e gestire ideazioni non utili o dannose riguardo l’uso di sostanze;
anticipazione delle situazione ad lato rischio per l’uso di sostanze;
facilitazione di relazioni interpersonali e attività piacevoli che non prevedano l’uso di sostanze,che aumentino la qualità di vita e producano uno stile di vita equilibrato.