Quello che le donne non dicono.
“Fai quello che vuoi”: alzi la mano chi almeno una volta nella vita non si è sentito rivolgere o ha usato a sua volta quest’espressione!
L’italiano è una lingua estremamente contorta e complicata.
Ed allora ecco che una frase, che in apparenza sembra indicare distacco e massima libertà data all’interlocutore, in realtà esprime proprio il contrario.
È un po’ come dire all’altro: “ok se vuoi fare questa cosa falla pure, ma sappi che io ne soffrirò molto e che questo avrà delle conseguenze sul nostro rapporto”.
Newton diceva che “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”.Anche ferire una persona, soprattutto se consapevolmente ( o non evitare di farlo, che poi è la stessa cosa) è un’azione che lascia sempre e comunque un segno, più o meno visibile.
Non bisogna giustificarsi dicendo “me l’hai detto tu di fare quello che voglio”, perché lo si sa benissimo che la situazione chiede il contrario, quindi perché non parlarne e chiarirsi così, poi magari, puoi liberamente scegliere quello che vuoi senza problemi?
Che lo vogliamo o no, la vita di ognuno di noi è fatta di relazioni con gli altri.
Alcune più strette, intense e coinvolgenti, come quelle che intratteniamo con persone per noi affettivamente significative; altre più distaccate e superficiali.
A seconda dei momenti della vita, delle esperienze e delle scelte personali, cambiano le figure con cui intratteniamo relazioni e rapporti significativi per intensità e frequenza degli scambi.
La relazione è infatti uno scambio, un confronto, ma soprattutto un’occasione per conoscere se stessi e migliorarsi attraverso gli altri.
Non possiamo pretendere di cambiare gli altri; l’unica cosa che possiamo cambiare sono le nostre reazioni nei confronti degli altri. La relazione è un’opportunità che ci viene offerta per cambiare in meglio noi stessi. Di fronte ad una relazione che ci crea disagio o ci mette in difficoltà conviene allora chiedersi: “Perché il fatto che questa persona dica o faccia questa cosa mi urta così tanto? Cosa dice di me questo? Quale aspetto di me mi spinge a migliorare?” Ma soprattutto: “Cosa posso fare per gestire meglio questo rapporto ed evitare di perdere il controllo di me stesso e della situazione?”
Per rispondere a quest’ultima domanda è necessario fare i conti con una questione fondamentale; l’emotività. Riuscire a gestire le relazioni e i rapporti affettivi significa, infatti, riuscire a gestire il nostro coinvolgimento nella relazione, senza lasciarsi andare agli impulsi del momento.
Quali sono le leve emozionali che, quando vengono azionate, ci rendono vittime dei meccanismi manipolatori?
Sostanzialmente sono riconducibili a:
senso d’inferiorità e d’inadeguatezza: si attiva in noi quando qualcuno, di solito una figura d’autorità o che si pone nei nostri confronti come tale, ci fa sentire impotenti rispetto ad una certa situazione o vittime di circostanze che non possiamo cambiare; ma anche quando qualcuno ci critica o sminuisce pesantemente certi aspetti della nostra personalità, ritenuti sbagliati o inadeguati, magari paragonandoci agli altri; oppure, ancora, quando qualcuno ci “ricatta” minacciando la perdita di un legame affettivo o di qualcosa che per noi è importante se non facciamo una certa cosa o non obbediamo ad una precisa direttiva. Anche la rabbia con cui reagiamo a qualcosa che ci viene detto, segnala, spesso, che è stata toccata una nostra debolezza, qualche aspetto critico di noi stessi, rispetto al quale ci sentiamo inferiori o inadeguati;
senso di colpa: la colpa è uno dei sentimenti più potenti per controllare e indirizzare il comportamento delle persone nella direzione voluta. Chi si sente in colpa è spinto, infatti, a fare qualunque cosa pur di ottenere il “perdono” e l’assoluzione degli altri e sentirsi a posto con se stesso; anche a costo di rovinare la propria vita. Il senso di colpa si attiva in noi tutte le volte che qualcuno ci fa sentire sbagliati per qualcosa che facciamo o per un nostro modo d’essere, pretendendo che ci conformiamo e ci adeguiamo ad un preciso modello di riferimento.
Come possiamo ben vedere le leve manipolatorie si appoggiano a principi etico-morali e a riferimenti valoriali di forte impatto emotivo, che prescrivono cos’è giusto e cos’è sbagliato, come dovremmo essere e come ci dovremmo comportare per essere, ad esempio, buoni genitori, buoni figli, buoni mariti o buone mogli, buoni pazienti ecc..
Va detto, comunque, che chi manipola non ha, spesso, né l’intenzione né tanto meno la consapevolezza di manipolare l’altro. La manipolazione avviene cioè in modo inconsapevole, partendo dal proprio modo d’essere o da bisogni e problematiche interiori irrisolte di cui la persona non è assolutamente cosciente.
Un’ultima considerazione che possiamo trarre è la seguente: la manipolazione funziona perché c’è qualcuno che si fa manipolare. Se qualcuno ha il potere di farci sentire in colpa o inferiori è perché noi per primi ci sentiamo inferiori o colpevoli. Per acquisire un’immunità nei confronti delle manipolazioni è quindi necessario diventare sempre più consapevoli di sé e delle proprie dinamiche interiori, cercando di impegnarsi in un cammino di crescita e di cambiamento personale.